Di Sara Mazzotti su Mercoledì, 22 Dicembre 2021
Categoria: Blog

GRU CHE CROLLANO ANCORA



Nominare Filippo, Roberto e Marco in questa chiusura d’anno così orribile per le numerose morti sul lavoro, fa male come pugni allo stomaco.
Si rimane sbigottiti, inermi, e si piange per questi nomi sconosciuti fino a ieri, che d’un tratto irrompono nelle nostre vite alla ribalta della cronaca, non per i loro meriti ma per essere i volti delle ennesime tragiche vittime di incidenti sul lavoro che lasciano senza fiato.

Lo abbiamo letto tutti: a Torino una gru nella fase finale di assemblaggio è crollata rovinando sulla via e su uno dei palazzi sottostanti, portando con sé da un’altezza di 40 metri i 3 operatori che vi stavano lavorando sopra, ferendo anche il collega gruista e alcuni passanti. Filippo, Roberto e Marco non hanno avuto scampo, il gruista è salvo ma sotto choc mentre le persone ferite se la caveranno con lesioni non gravi.

 

COSA È SUCCESSO ALLA GRU?

È troppo presto per dirlo, anche se i primi rilievi da parte dei Vigili del Fuoco abbiano fin da subito ipotizzato un cedimento della struttura alla base della torre. Dalle prime ricostruzioni infatti pare che, sebbene non ci fosse vento, la gru abbia iniziato a oscillare inclinandosi e uscendo dal suo asse, andandosi a schiantare poi al suolo e contro il palazzo, spezzandosi in quattro punti.

Solo una volta che saranno terminate le indagini dell’Autorità Giudiziaria si potranno avere maggiori evidenze su cui poter fare delle riflessioni.
Ma intanto una cosa è certa: questa non è la prima gru a crollare e, come negli altri casi, molto probabilmente si individuerà una commistione di cause che ha portato a questo disastro.

 

COSA SUCCESSE NEGLI ALTRI CASI?

Portiamo due esempi su tutti, sebbene le sentenze della Corte di Cassazione consentano purtroppo di sbizzarrirsi:

1️⃣ Nel 2006 a Badia Polesine una gru a bandiera si sradicò dal terreno e crollò, causando la morte per schiacciamento dell’operatore che la stava manovrando (sollevando un peso eccessivo), e la condanna del suo Datore di lavoro e della ditta di Installazione esterna per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche.
In questo caso emersero diverse gravi violazioni da parte

◼ del Datore di lavoro (proprietario della gru)

❌ assenza di una Valutazione dei Rischi connessi alla messa in opera della gru
❌ mancata adozione di misure affinché la gru fosse installata secondo le specifiche indicazioni della ditta costruttrice
❌ assenza di collaudo di prima installazione della gru
❌ omissione della formazione del lavoratore
❌ fornitura della gru senza i necessari requisiti di sicurezza
❌ movimentazione consueta di pesi superiori a quelli ammessi dalla gru

◼ della Ditta installatrice

❌ installazione della gru su una pavimentazione di spessore inferiore prescritto dalle specifiche Istruzioni di montaggio

❌ errori esecutivi di installazione della gru con forature insufficienti

❌ scarsa presenza di resina fissante e scarsa pulizia degli accessori, realizzando così degli ancoraggi di tenuta complessivamente insufficienti.

2️⃣ Nel 2017, nel comune di Gibellina, una gru a torre si ribaltò e crollò investendo l’intera sede stradale sottostante e l’immobile prospiciente; non vi furono fortunatamente vittime né feriti, ma vi fu la condanna di concorso di reato di disastro colposo per il proprietario della gru/responsabile di cantiere e per il responsabile della sicurezza del cantiere.
Anche in questo caso emersero gravi violazioni, e di vario tipo:

❌ condotta colposa improntata a generiche imprudenza, imperizia e negligenza
❌ violazione di norme tecniche
❌ violazione delle istruzioni del Manuale d’uso e manutenzione della gru.

Nello specifico gli imputati hanno tenuto comportamenti e attuato interventi impropri sulla gru, che ne hanno determinato il collasso sotto la forza del vento, provocando un concreto pericolo per l’incolumità pubblica:

❌ hanno demolito le travi di fondazione
❌ hanno rimosso la porzione di rotaie sulle quali traslava il carro base della gru
❌ hanno eliminato i fine corsa e i cunei di arresto della gru
❌ realizzato (o consentito che si realizzasse) uno sbancamento/scarpata causando un dislivello di circa 1 mt al termine della base per il carrello, lasciando i binari sospesi nel vuoto
❌ non hanno garantito un adeguato fissaggio della gru al terreno, omettendo di tenere conto dei valori del vento prevedibili in zona
❌ non hanno garantito l’efficienza dei motoriduttori orizzontali, omettendo di provvedere all’ingrassaggio periodico dei meccanismi per la roteazione del braccio orizzontale che ha impedito in presenza di vento forte il corretto posizionamento della gru secondo la direzione del vento (posizione “in bandiera”).

  

CONCLUSIONI

Le gru citate, e anche quella di Torino, dovrebbero rientrare (dipende dal tipo di gru) nel campo di applicazione della direttiva Macchine 2006/42/CE per ciò che riguarda l’installazione, l’uso e la manutenzione in sicurezza di questi macchinari.

Nella triste vicenda di Torino non sappiamo ancora se sia stata elusa la Legge, se si sia trattato di un rischio non preso in considerazione pur essendo ragionevolmente prevedibile, di una condotta umana impropria, della mancanza di formazione/informazione agli operatori, della lacunosità della Documentazione tecnica in dotazione della gru, di ulteriori altre violazioni o di un insieme di tutto questo.

Le statistiche relative agli incidenti gravi sul luogo di lavoro, anche mortali, dicono che nella maggior parte dei casi è stato determinante un comportamento di negligenza rispetto a direttive e norme applicabili sia nella fase di progettazione delle macchine, che nella fase di formazione/informazione degli operatori.
Non è detto che la tragedia di Torino rientri in questa casistica ma, come diciamo sempre, seguire scrupolosamente le indicazioni fornite dalle direttive europee in termini di sicurezza e attuarle attraverso l’uso delle norme tecniche, è già un ottimo passo verso la tutela della salute di chi lavora accanto a queste macchine.

Non abbiamo mai conosciuto questi tre operatori, ma la loro triste vicenda ci ricorda ancora una volta il senso e il valore del nostro mestiere.

 

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